Una parte importante del progetto Terre Sociali è il tentativo di creazione di una filiera industriale della canapa a zero thc. Una sperimentazione sul campo per verificare le possibilità di ricavare reddito dalla coltivazione-trasformazione-commercializzazione della canapa in Italia, mettendo insieme e coordinando diverse parti della filiera con approccio laico, ben sapendo che si tratta di un semplice contributo da cui prendere gli elementi positivi e propositivi e su cui sarà possibile intervenire per correggere e migliorare tenendo conto degli elementi di contesto. Con approccio laico abbiamo inteso depurare la canapa di quella mistica che a volte la pone in un dibattito da cui viene espulsa la questione del valore economico per ragionare più di etica che di produzione. Questo senza giudizi di merito, chi lo fa fa bene a farlo, questo progetto sta più sul campo e tratta la canapa come se fosse una qualunque coltura agricola da trasformare e commercializzare che trova mercato per la qualità e funzionalità dei prodotti derivati. In questo caso canapulo per l’edilizia dal fusto, farina e olio dal seme. Esiste un mercato in Italia di questi prodotti per lo più di importazione, essendo in passato diffusamente coltivata nel nostro paese si potrebbe pensare a una possibile soddisfazione della domanda interna. L’aggettivo industriale l’abbiamo usato perché pensiamo a macchine, ad accordi, ad estensioni che possano appunto produrre reddito e perché pensiamo sia possibile un incrocio virtuoso con chi produce cbd solo se le due filiere sapranno evitare contaminazioni e sviluppare collaborazioni come quella possibile per la lavorazione delle paglie. Questa filiera in particolare si è orientata a zero thc per tentare di sottrarsi al balletto in essere da anni sul valore del thc permesso per la commercializzazione dei prodotti. Investimento su uomini, macchine e relazioni e verifica dei risultati per portare un contributo fattivo ad una discussione spesso fatta in termini di valori etici e non produttivi.
A queste motivazioni se ne aggiungono altre, il tentativo di produrre reddito in territori svantaggiati, la possibilità di riassorbire parte della manodopera espulsa oggi da altri processi produttivi, evitare l’abbandono dei terreni agricoli, diversificazione delle produzioni. Ambiziosamente si potrebbe dire che questo tipo di produzioni portano poi a riflettere sul modello di sviluppo, ma per farlo fattivamente è necessario, a nostro parere, tenere centrale la barra della produzione di valore in generale e di reddito in particolare.
Vi racconteremo, per brevi capi, com’è fino ad ora.